Oggi ti parlo di una cosa che ti avevo già accennato in questo video.

Dopo dieci anni che organizzo eventi, sposi soddisfatti e tasse pagate, c’è ancora qualcuno che non capisce né pare apprezzare particolarmente quello che faccio. Eppure cerco di raccontare attraverso tutti i miei canali quello che si cela dietro a un evento ben riuscito.

Il problema in realtà non è un problema, perché so che più le persone mi sono vicine nella vita, meno possono esserlo rispetto alla mia vita lavorativa.

E anche per come gestisco la comunicazione, che è diretta ad un solo gruppo di persone. 

Facciamo un distinguo tra due cerchie ben distinte: quella compresa nel “numero di Dunbar” e quella che non lo è.

Il “numero di Dunbar” stabilisce il numero di relazioni sociali stabili a 150.

Secondo l'antropologo che ha sviluppato questa teoria, il numero delle persone con cui abbiamo rapporti più o meno profondi e continuativi e che riusciamo a ricordare con precisione è 150.

Le 150 persone nella nostra “cerchia”, rappresentano un legame forte, duraturo: questo è un gruppo composto da persone che ci conoscono bene e che sono disposte a darci un sostegno emotivo.

Le persone fuori dal “numero di Dunbar” sono una cifra potenzialmente infinita, rappresentano un legame debole e da loro non possiamo aspettarci nessun sostegno emotivo.

In un'ottica di business, però, le persone che ci devono interessare di più sono proprio quelle esterne alla nostra cerchia dei 150.

Queste persone non ci conoscono, non sanno nulla di noi, dei nostri pregi e dei nostri difetti, delle nostre capacità e dei nostri talenti. Nella maggior parte dei casi ci percepiscono in modo molto diverso da come siamo in realtà, dall'immagine che abbiamo di noi stessi.

Le persone che non conosciamo sono quelle che, in diversi modi, sono più utili al nostro business.

Per farle avvicinare a noi è necessario che ci conoscano, che condividano le nostre idee, cheapprezzino il nostro modo d'essere, i nostri valori, prima ancora che il nostroprodotto o servizio. Per far sì che che questa ampia cerchia di persone si avvicini il più possibile a noi e ci scelga, l'unica cosa che possiamo fare è provare a comunicare noi stessi in modo autentico, consapevole e vicino alla nostra realtà.

Possiamo costruire il nostro brand, cioè l'immagine che si crea nella testa delle persone quando pensano a quello che siamo e che facciamo.

Questo processo di percezione e di riconoscimento si sviluppa grazie a un'attività di comunicazione che chiamiamo personal branding.

Se guardiamo le cose da questo punto di vista, è quasi logico che i nostri amici non conoscano bene il nostro lavoro, perché non c’è modo per noi di raccontarglielo e non ne abbiamo nemmeno motivo.

Non è per loro che scriviamo post e newsletter, il nostro profilo Instagram si riempie di immagini che servono da ispirazione per persone che ancora non conosciamo ma di cui un giorno sapremo quasi tutto.

Ti racconto questo perché a volte anche per me è frustrante vedere che qualcuno di molto vicino a me sottovaluta il mio impegno quotidiano, ma poi penso che è un atteggiamento umano e siamo tutti, chi più chi meno, portati a sottostimare il lavoro degli altri (si fa sempre un po’ a gara a chi fatica di più no?).

Quindi se non capiscono forse non capiranno mai, del resto sui social mostriamo, nella maggior parte dei casi, solo la parte bella del nostro lavoro e quindi è probabile che qualcuno si faccia un'idea sbagliata.

Quello che conta è che tu sappia la verità e che sia il lavoro di wedding planner che ti riempia di soddisfazioni.

Del resto, nessuno del tuo numero di Dunbar comprerà mai un servizio da te, quindi lascia le loro idee dove stanno.

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